martedì 16 aprile 2013

"Le riforme strutturali"


Chi si è preso la briga di leggere un giornale negli ultimi giorni si è potuto rendere conto che il termine "riforme strutturali" è apparso come un mantra ogni 2/3 concetti. Confindustria si riunisce e, oltre ai giusti avvertimenti sullo stato morente delle imprese italiane, auspica a gran voce che l'Italia si munisca quanto prima di un governo e poi inizi (o prosegua) le "riforme strutturali". Il Presidente della BCE Draghi, ammonendo le condizioni bancarie degli stati-canaglia, auspica le "riforme strutturali". Bene, mi son detto, cosa si cela sotto le "riforme strutturali"?.

Per rispondere a questa domanda è necessario un brevissimo excursus sulla situazione italiana attuale. A fronte di un economia che recede ci troviamo con la stretta creditizia (le banche non erogano prestiti per il legittimo timore che questi non possano essere onorati), una tassazione che ha raggiunto livelli molto alti (si stima al 52%), un mercato del lavoro fermo (aziende che chiudono, aziende che NON aprono, posti di lavoro persi) e senza un governo (ma questo potrebbe anche non essere dannoso).

L'Italia versa in una condizione più grave di quello che sembra e l'immagine che i media ci forniscono è evidentemente edulcorata per ragioni politiche e lobbistiche; la situazione è in rapido peggioramento e una via d'uscita non si vede, e allora quali sono le "riforme strutturali" che ci vorrebbero imporre?
In parte erano contenute nella famosa lettera dell'estate 2011 che imponeva di rientrare entro determinati parametri e sopratutto consigliava un cambio di rotta delle politiche interne che il governo Berlusconi non aveva intrapreso. Così la BCE commissionò il nostro paese e il Presidente della Repubblica accettò questo piccolo "colpo di stato" dando l'Italia in mano a Monti (comunque, non scordiamocelo, con il voto dei conniventi ovvero dei partiti, destra e sinistra). Monti riuscì nell'impresa di raffreddare gli attacchi speculativi nei confronti dell'Italia e l'immagine del nostro paese ritornò ad essere splendente, una credibilità finalmente riconquistata.

Ma le cose non stanno proprio così.

Monti e le riforme strutturali, dunque; ad esempio la riforma del lavoro.
In Germania, dove si vantano di avere un mercato del lavoro efficiente e moderno, esistono contratti detti "mini-job" pagati 3-4 euro all'ora, de-tassati quasi totalmente, è vero, ma privi di alcuni requisiti basilari per i quali i nostri sindacati si sono adoperati negli anni d'oro (non certo adesso) come ad esempio la retribuzione di ferie e malattie. In Germania contratti di questo tipo sono stati osteggiati dai sindacati e avversi ai lavoratori ma tant'è, se ne sono fatti una ragione e oggi più di 7 milioni di lavoratori subiscono questo contratto di lavoro. 

E' questo che vorrebbero introdurre da noi?

Probabilmente si, la leva del costo del lavoro è una di quelle opzioni che in economia esiste e viene utilizzata quando altri strumenti (ad esempio la svalutazione monetaria) non possono essere utilizzati (o per ragioni inflazionistiche o perché la moneta non è sovrana come nel nostro caso). Di conseguenza si vorrebbe introdurre anche in Italia la possibilità di contrattare un lavoro a 400€ mensili senza assistenza e senza prospettiva al fine di abbassarne il costo. Le aziende hanno già iniziato un processo di "ricambio generazionale" che consiste nel licenziare in maniera più o meno ortodossa dipendenti con anzianità per sostituirli con nuovi assunti a salari decisamente più bassi; è questo quello che vogliamo? La cessione di democrazia iniziata con la moneta e proseguita negli ultimi anni con politiche di austerità esasperata continua nell'ottica di rimanere agganciati ad un'Europa al collasso dal punto di vista economico e a breve anche produttivo; vogliamo davvero continuare a girare su questa giostra?

Le riforme strutturali passano anche per altri settori, alcuni giusti come la revisione dei costi della politica, della burocrazia e della corruzione, ma anche attraverso tagli alla spesa sociale, alle strutture sanitarie, alle forze dell'ordine, alle scuole ovvero a tutti quei pilastri che sono il sostegno di uno stato funzionale dove il cittadino è assistito dallo Stato, dove il contributo in termini di tasse e balzelli serve per migliorare la vita dei cittadini, dove un'istruzione di alto livello forma persone di alto livello.

Invece i nostri tributi, più di metà di quello che percepiamo per il nostro lavoro, finisce a colmare un deficit di bilancio dello stato che deve essere riempito altrimenti non possiamo più continuare a stare dentro l'euro e ci cacciano fuori. 

Bello vero?

Andrea Visconti

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